“A piedi nudi nel verde” di Albertina Oliverio e Anna Oliverio Ferraris, Giunti Editore 

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I ''bambini di città'' raramente vanno a scuola da soli, scendono a giocare in cortile o per strada: più spesso restano in casa, davanti al televisore o alla play station. Ma fino a quando si può fingere che questo sia un modo sano di crescere? Le autrici spiegano, in questo interessantissimo libro, i danni che rischiano i bambini a non venire in contatto con gli spazi aperti e in particolare con la natura.

Albertina Oliverio, docente di Metodologia delle scienze sociali all'Università 'G. D’Annunzio' di Chieti-Pescara, è autrice di articoli, volumi e saggi scientifici tra cui Individuo, natura e società. Introduzione alla filosofia delle scienze sociali, Mondadori Education, Milano, 2015 e Dall’imitazione alla cooperazione. La ricerca sociale e le sue sfide, Bollati Boringhieri, Torino, 2012.

 

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L'INTERVISTA

Gentile Professoressa Oliverio Ferraris, è noto ormai da tanti studi che nelle società occidentali i bambini trascorrono molto tempo al chiuso, molto di più rispetto a quello delle generazioni precedenti. I bambini di oggi non sentono più la necessità di giocare all'aperto?

R. I bambini ne sentono la necessità, perché è il loro organismo ad avere bisogno di movimento e di giochi liberi. Fino a circa dodici anni i giochi liberi e di socializzazione all'aperto favoriscono la socialità, la crescita fisica e anche quella intellettiva: nel fare giochi di movimento entra infatti in circolazione la proteina c-Foss che favorisce la crescita del corpo, del sistema nervoso e del cervello. Purtroppo, molti bambini di questi anni, costretti a giocare dentro casa spesso fermi di fronte a una consolle o con in mano l'iPad, non sanno più giocare all'aperto e in gruppo.

E cosa succede quando riescono a farlo?

R. Succede che sono molto felici. Ho avuto modo di constatarlo anche recentemente nel quartiere il Trullo di Roma, in occasione di una giornata dedicata al gioco: le maestre "anziane" hanno insegnato ai bambini i giochi della loro infanzia e i bambini hanno partecipato con entusiasmo.

I bambini e i ragazzi possono crescere ugualmente bene senza trascorrere del tempo all'aperto a giocare con gli altri bambini? È sufficiente il solo frequentarsi al chiuso, tra le mura di casa o di scuola?

R. Che i bambini senza l’aperto non crescano bene è ormai dimostrato da varie ricerche, in particolare una dello statunitense Peter Gray che ha mostrato come gli adolescenti, che da bambini hanno giocato poco o nulla all'aperto conducendo una vita sedentaria, sono meno sicuri, meno intraprendenti, meno ottimisti e più inclini alla depressione rispetto a quelli che invece hanno avuto modo di fare giochi di socializzazione e di movimento.

I bambini, più degli adulti, sono in sintonia con i ritmi della natura, si sentono quindi a proprio agio nel verde, in spiaggia, sulla neve. Sono molto attratti dalla grande varietà della fauna e della flora. Come raccontiamo nel libro "A piedi nudi nel verde" (p. 34-37) è bastato che alcuni bambini di seconda elementare scoprissero casualmente, in uno spazio abbandonato accanto al cortile dalla scuola, una piccola zona verde frequentata da alcuni pettirossi, pappagalli e verdoni perché quella scoperta creasse emozione e un forte interesse nell'intera classe, fino a dar luogo a una attività di birdwatching nel corso dell'anno per tutti i bambini, i quali, lavorando sui dati raccolti durante loro osservazioni e guidati dal maestro che seppe sfruttare questa opportunità, diventarono degli esperti ornitologi.

La stessa cosa immaginiamo si possa dire sulla socializzazione "a distanza", ad esempio tramite il web: da sola, non basta.

R. Certamente. La socializzazione a distanza, via web, non è una socializzazione completa, sebbene possa presentare degli aspetti positivi. Socializzare in presenza è tutt'altra cosa, perché l'interazione diretta è più ricca e articolata. Non ci si limita a comunicare un pensiero, un'intenzione o ad inviare una foto, ci si muove, ci si esprime con la mimica, le posture, con il tono della voce. Il dialogo risulta più fluido e meno soggetto a fraintendimenti. La socializzazione "dal vivo" in luoghi aperti consente di svolgere delle attività che coinvolgono la mente, il corpo e tutti cinque i sensi. Risponde bene al bisogno che i bambini hanno di muoversi, di correre, di condividere, di divertirsi insieme.   

Dal suo punto di vista di esperta di pedagogia, se fin da piccoli si è cresciuti distanti dal mondo naturale, una volta diventati adulti si comprenderà la necessità di difendere il patrimonio naturale?

R. Tutto è possibile, ovviamente. Un adulto che non ha frequentato la natura da piccolo può razionalmente comprendere l'importanza di salvaguardare gli ambienti naturali, per il nostro benessere e la salute del pianeta; tuttavia, in chi ha avuto contatti con la natura fin dall'infanzia oltre al convincimento razionale c'è anche una adesione sentimentale che lo rende più responsabile e lo porta a lasciarsi maggiormente coinvolgere in comportamenti volti alla tutela e alla salvaguardia della natura, a comprendere le caratteristiche e gli stili di vita degli animali e delle piante, ad apprezzarne la complessità e la bellezza invece di minimizzarne il valore e considerarli al proprio servizio.

Molti insegnanti vorrebbero far trascorrere più tempo ai bambini all'aperto, ma temono spesso le lamentele delle famiglie (troppo freddo, troppo caldo, i bambini sudano, si agitano troppo, possono cadere, ecc.). Come potrebbero convincere, rassicurare i genitori?

R. A scuola bisogna trovare un equilibro tra il dentro e il fuori. Ai genitori vanno spiegati i numerosi vantaggi delle attività all'aperto. Sul piano della motricità, ad esempio, la mancanza di giochi all'aria aperta è spesso associata a delle difficoltà a mantenere l'equilibrio, a correre e saltare senza cadere. Vari studi dimostrano che la sedentarietà influisce anche sulla vista dei bambini che, guardando sempre alla stessa distanza, non consentono ai muscoli dell'occhio e al bulbo oculare di muoversi a sufficienza, in una età in cui invece è importante che gli occhi guardino a diverse distanze. Per quando riguarda i cosiddetti bambini iperattivi o con deficit di attenzione i loro sintomi si attenuano notevolmente quando possono giocare o svolgere attività all'esterno. Anche i loro compagni si concentrano più facilmente nei compiti se hanno potuto muoversi liberamente. All'aperto i bambini respirano meglio e cooperano di più di quanto non accada quando sono seduti ognuno nel proprio banco. E per quanto riguarda la ricreazione, è sbagliato non consentire che venga fatta all'aperto, come sta succedendo in alcune scuole per paura che possano farsi male: se non si abituano ad affrontare l'imprevisto e i normali piccoli rischi, saranno poi più propensi ad avere incidenti.

Per chiudere, Professoressa: cosa vuole dire ai bambini a proposito dell'emergenza che stiamo vivendo?


R. Nel concludere auguro a tutti i bambini che in questi giorni sono costretti a restare dentro casa per evitare il contagio, di poter presto tornare a correre e giocare nei prati e sulle spiagge, più di prima e meglio di prima.